lunedì 5 aprile 2010

Le ragioni di un'espulsione - 1

E' giunto il momento di spiegare in dettaglio ai miei lettori (to the happy few) le ragioni per le quali considero la mia espulsione dall'UAAR un atto di persecuzione contro un eretico, l'epurazione di un dissidente degna dell'URSS ai tempi di Stalin.

E' un atto dovuto, sia per argomentare le mie critiche, sia per rispondere in modo appropriato ai dirigenti UAAR ed ai loro devoti sostenitori che mi accusano di aver finora volutamente omesso le motivazioni alla base del pronunciamento dei viri-tutt'altro-che-probi.

Cari pastori e pecore dell'UAAR, visto che insistete tanto, ecco le prove di quanto sostengo. Quelle che conoscete benissimo, ma fingete di ignorare. Sono curioso di sapere, ad esposizione conclusa, come farete a sostenere ancora le vostre effimere ragioni.

ANTEFATTO

Lo scorso autunno, su proposta di un giovane socio del circolo provinciale di Bari dell'UAAR, M.L., da me subito accolta e rilanciata, i soci del circolo, dopo una consultazione telematica ed una riunione, decidono all'unanimità di intitolare il circolo stesso ad Ipazia di Alessandria. Il giorno 21 ottobre 2009 invio alla lista dei coordinatori di circolo ("lista circoli") una mail nella quale comunico la grande notizia, con l'ingenua convinzione - subito rivelatasi infondata - che essa sarebbe stata accolta con entusiasmo e che avrebbe suscitato una valanga di congratulazioni ed auguri.

Con mia profonda amarezza e delusione, comincio subito a ricevere una serie di risposte - sia di semplici soci, sia di membri del Comitato Centrale (mannaggia, sbaglio sempre: volevo dire Comitato di Coordinamento, d'ora in poi "CC") dell'UAAR - che oppongono all'iniziativa barese una serie di obiezioni e di perplessità tali da far cadere le braccia anche alla persona più paziente e comprensiva del mondo.

Ciò che colpisce, più d'ogni altra cosa, è lo stridente contrasto fra la grandezza del personaggio di Ipazia e l'infimo livello delle argomentazioni di tipo partitico-burocratico che vengono opposte alla nostra iniziativa. Ma, dato che non c'è limite al peggio, il gregge dell'UAAR passa rapidamente alla fase due dell'operazione: un volgare tentativo di ridimensionamento della figura di Ipazia, nel tentativo di convincermi che, in fondo, non era poi questo gran personaggio che ci vorrebbero far credere. A tale ridimensionamento fa da corollario il giudizio svalutativo che molti esprimono sull'iniziativa in se stessa, che viene considerata ininfluente e masturbatoria in confronto alle "grandi battaglie" che l'UAAR dovrebbe sostenere.

La mia indignazione raggiunge livelli inimmaginabili, e non solo per l'ignoranza dimostrata dai detrattori di Ipazia, che non si sono neppure preoccupati di documentarsi prima di parlare, ma, più in generale, per la grettezza, l'aridità e l'infimo livello intellettuale dimostrati da persone che appaiono più preoccupate di citare le virgole dello statuto e di non contrariare i membri del CC piuttosto che di rendere ad Ipazia - grande martire del libero pensiero ed antesignana della moderna scienza sperimentale - il riconoscimento e la gratitudine che le spettano.

Credo che qui si renda opportuna una momentanea interruzione della narrazione per citare lo splendido "Dopo Nietzsche" di Giorgio Colli (Adelphi Edizioni). A pagina 65 si legge: "Nel cinismo c'è del veleno, dell'impotenza, della vendetta. (...) Il cinismo ritorna ciclicamente, in occasione di crisi profonde, e con manifestazioni analoghe: un razionalismo dozzinale, plebeo, è il suo strumento, una spudoratezza esibizionistica è la sua forma, lo scherno per il passato e per i miti, la rottura delle tradizioni sono i suoi temi. (...) Il cinismo dà un'illusione di superiorità ai frustrati, e la sfrontatezza 'canina' deve far colpo sul pubblico". A pagina 67 troviamo, invece, le seguenti frasi: "Il contrario del cinismo è la venerazione. (...) Di fronte a ogni grandezza si risveglia in certi individui un senso di riconoscenza, si è pronti a ricevere e si è grati di ricevere. Chi non ha questa natura rifiuta d'istinto ciò che è grande, lo allontana da sé, ne spia i punti deboli. (...) Il discorso sulla venerazione è esoterico, e non a torto Nietzsche afferma che le nature nobili, le quali non sanno vivere senza venerazione, sono rare".

Non esiste miglior commento di queste parole al triste spettacolo offerto dalla maggioranza degli intervenuti sulla lista circoli dopo il mio annuncio. In particolare, credo che la definizione data da Carcano di Ipazia come "credente neoplatonica irrazionale" costituisca il miglior esempio di quel "razionalismo dozzinale e plebeo" di cui parla Giorgio Colli.

E, con queste considerazioni, possiamo degnamente concludere la prima parte del presente resoconto.

2 commenti:

Nemesi ha detto...

Mi pare di ricordare che il Circolo Uaar di Roma sia intitolato a Gianni Grana, come dire "tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri".
Anche noi di Perugia eravamo intenzionati ad intitolare il nostro Circolo a Brenno Tilli - anarchico e anticlericale perugino - prima di incontrare il secco rifiuto dei dirigenti nazionali, cosa che ci ha abbastanza sconcertato considerato che abbiamo sempre agito in maniera autonoma
convinti di non dover rendere conto o peggio
chiedere il permesso per ogni singola iniziativa. Per evitare sterili discussioni di cui già avevamo previsto l'esito e che avrebbero fatto del male solo all'Uaar abbiamo deciso di lasciare perdere per ora, convinti che un'associazione come la nostra sia di fondamentale importanza nel territorio. Mi fa comunque piacere constatare che ci sono altri che invece hanno avuto lo stomaco di scontrarsi con tali "infime argomentazioni".
Ciao, Monia

Stefano Puglisi ha detto...

Cara Monia,

sì, alcuni circoli si erano già dotati di un'intitolazione: quello di Roma, quello di Lecce ("Giulio Cesare Vanini") e quello di Cremona (con una stranissima intitolazione della quale non ho capito il significato<9.

E' proprio per questo che ho subito comunicato alla lista circoli dell'UAAR la nostra decisione, senza aspettarmi il fuoco di sbarramento che si è subito scatenato. Come racconterò nel seguito dei mio resoconto, è venuto fuori che ne avevano già discusso sulla lista uaar (alla quale non ero iscritto), stabilendo di rimandare la decisione all'assemblea dei coordinatori di Rimini.

Rimane il fatto che proprio non si capisce che motivo concreto ci sia di opporsi alle intitolazioni a grandi personaggi che si sono battuti per quelli che dovrebbero essere i principi e gli ideali dell'UAAR.