Superata la soglia fatidica dei 50 anni, dopo aver trascorso tutta la vita - sin dai banchi della scuola elementare - a difendermi da continui tentativi di repressione della mia libertà di pensiero e di espressione, sono giunto all'amara constatazione che la maggior parte delle persone teme la libertà più delle malattie e della morte.
Nonostante i continui appelli alla libertà, e l'improprio utilizzo di questa meravigliosa parola anche per designare forze politiche che ne fanno scempio, debbo constatare, mio malgrado, che siamo in pochissimi a volerla davvero e a difenderla in ogni ambito: nella vita privata, nei rapporti interpersonali, nelle scuole e nelle università, nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni, nei partiti, nei sindacati e nelle associazioni.
Ecco, appunto: le associazioni. L'ultima ritorsione per la mia ostinata difesa del fondamentale diritto umano di esprimere liberamente - e civilmente - il proprio pensiero ha preso le forme dell'ennesimo rogo, ancorché acceso da mani apparentemente non clericali: la mia espulsione dall'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), nella quale rivestivo anche la carica di Coordinatore del Circolo di Bari, Circolo intitolato ad una grande martire del libero pensiero: Ipazia di Alessandria. Anche l'intitolazione del Circolo UAAR di Bari mi è costata una faticosa battaglia ed un duro scontro con la dirigenza nazionale dell'associazione, che si è opposta alla decisione unanime dei soci baresi con motivazioni inconsistenti e sconcertanti, per non dire deliranti.
Gli stessi aggettivi ben si adattano al pronunciamento dei Probi(?) Viri che ha decretato la mia espulsione dall'associazione. Ma di questo avremo modo di parlare in seguito. Quel che più conta, in questo post introduttivo, è spiegare l'interrogativo espresso nel titolo del blog.
La libertà fa paura, e l'abbandono del gregge della comunità religiosa nella quale il caso ci ha fatto nascere non può che alimentare tale paura, perché comporta l'abbandono delle illusorie certezze sulle quali le religioni hanno sempre fondato il loro indiscutibile successo di pubblico (e spesso anche di critica colta). E così gli "apostati", accompagnati da un infondato senso di superiorità e di disprezzo per chi continua a professare la propria religione, escono da un gregge per entrare in un altro.
L'UAAR è una grande associazione, fondata da un grande personaggio (e suo primo segretario): Martino Rizzotti. Dispone di un comitato di Presidenti onorari di tutto rispetto. Ha avviato e condotto in modo egregio numerose ed importanti campagne per la difesa della laicità in un Paese come il nostro, da sempre a rischio di teocrazia. Tuttavia, sotto l'attuale e mediocre dirigenza nazionale, sostenuta da un'altrettanto mediocre dirigenza locale (molti - fortunatamente non tutti - Coordinatori e Referenti provinciali), si sta trasformando inesorabilmente in un gregge. E ciò è inammissibile, proprio da parte di un'associazione che "predica" l'uscita dal gregge dell'appartenenza religiosa.
Questa trasformazione sta subendo, negli ultimi anni, una consistente accelerazione, prodotta con l'arma delle epurazioni condotte nel più autentico stile staliniano: processi sommari basati su sospetti e delazioni (che vengono incoraggiate anziché sanzionate), oltre che su interpretazioni ed applicazioni assai arbitrarie dello statuto e dei regolamenti associativi (a "fisarmonica", cioè restrittive o estensive a seconda della convenienza).
Quando qualcuno si rifiuta di aderire al pensiero unico dominante, viene prima tentata la strada della persuasione, poi si passa agli attacchi personali sulle mailing list da parte di alcuni dirigenti nazionali, subito dopo si scatena - sempre sulle mailing list - il linciaggio morale da parte di una decina fra Coordinatori/Referenti provinciali e semplici soci (la "guardia imperiale", che sembra molto più numerosa perché interviene spesso mentre la maggioranza assiste in silenzio), con periodiche spruzzate di benzina da parte di membri del Comitato Centrale - pardon, mi è scappato, volevo dire Comitato di Coordinamento - quando il fuoco tende ad affievolirsi, e a quel punto, se il "dissidente" è un Coordinatore di Circolo, cominciano a partire gli attacchi dall'interno del Circolo stesso (soci mediocri e frustrati che vedono nel contrasto in atto l'occasione per emergere dall'anonimato ed allearsi con i vertici associativi, a loro volta pronti ad accoglierli a braccia aperte). Dato che il meccanismo adottato è molto simile al mobbing, il fronte dell'opposizione interna al Circolo si allarga, come accade anche nei luoghi di lavoro quando il capo lancia segnali ostili nei confronti di un dipendente (e, in circostanze del genere, la natura umana tende a rivelare i suoi aspetti più miserabili).
Se, nonostante tutto, il "dissidente" non rinuncia - maledetto testardo! - ad esercitare il proprio diritto - fondamentale - alla libera espressione del proprio pensiero, il passaggio successivo è il deferimento ai Probi(?)Viri; questi "viri", lungi dall'essere probi, si rivelano pregiudizialmente schierati con la dirigenza, ed eseguono sentenze già scritte prima ancora che il "processo" abbia inizio.
L'espulsione del socio "dissidente" è pertanto scontata, come è successo di recente a me e, proprio ieri (18 marzo 2010), anche al Coordinatore del Circolo UAAR di Lecce e Coordinatore Regionale della Puglia: Giacomo Grippa, un uomo davvero probo che all'UAAR ha dedicato molti anni di duro e costante impegno, e che all'UAAR ha donato tanti successi e tanta visibilità.
E, giunti a questo punto, ci ricongiungiamo con il titolo del post: il perché di questo blog.
Constatato che:
1) sotto l'attuale dirigenza nazionale, l'UAAR è ormai specularmente identica alla Chiesa della quale dovrebbe essere avversaria;
2) l'afferenza all'UAAR comporta, nelle attuali condizioni, l'appartenenza ad un gregge belante, e chi non accetta la condizione di "pecora" viene espulso;
3) molti (troppi!) soci accettano passivamente (o reprimendo il loro dissenso e masticando amaro) di far parte del gregge, sostenendo apertamente la dirigenza nazionale o limitandosi ad assistere in silenzio ai linciaggi ed alle espulsioni (spesso con l'illusoria speranza che al prossimo congresso nazionale qualcosa possa cambiare, ma sarà difficile se i "dissidenti" continuano ad essere espulsi o si vedono costretti a dimettersi);
4) un'associazione che dovrebbe incoraggiare il libero pensiero fa di tutto per reprimerlo, e per mortificare la creatività dei suoi soci (opponendosi, ad esempio, all'intitolazione del circolo di Bari alla grandissima Ipazia di Alessandria);
5) in conclusione (e riallacciandoci alle premesse), gli esseri umani tendono - per la loro natura incline al conformismo, che svolge tuttavia un ruolo importante nei processi evolutivi, favorendo l'adattamento all'ambiente sociale - a farsi pecore in qualsiasi comunità della quale si trovino a far parte, isolando e perseguitando coloro che difendono la propria e altrui libertà di pensiero, o assistendo passivamente alla loro persecuzione,
viene da chiedersi se la morte di grandi e meravigliosi personaggi come Ipazia di Alessandria e Giordano Bruno abbia avuto un senso. Nonostante gli omaggi loro tributati ed i monumenti eretti in loro onore, nonostante l'ammirazione che tanti uomini e donne dichiarano di provare per loro, gli stessi uomini e le stesse donne finiscono spesso col comportarsi - in senso metaforico, s'intende - come i monaci parabolani che hanno straziato le delicate carni di Ipazia e gli inquisitori che hanno condannato al rogo Giordano Bruno (senza neppure concedergli lo strangolamento prima di appiccare il fuoco, cosa che all'epoca non si negava a nessun altro condannato).
La libertà - quella vera, quella interiore, quella che nessuno ti può togliere neanche rinchiudendoti in una minuscola cella - suscita paura e invidia in chi non ce l'ha. E, come il coraggio per Don Abbondio, se uno non ce l'ha non se la può dare. Sembra di assistere al capolavoro di Buñuel "Il fantasma della libertà", dove si vedono patrioti che cadono fucilati gridando "Abbasso la libertà!", e la polizia che tenta di disperdere la folla di manifestanti che, urlando la stessa frase, cercano di entrare nelle gabbie degli animali allo zoo.
A cosa è servita l'orribile morte di Ipazia e Giordano Bruno? Forse solo a fornire un esempio ed un incoraggiamento ai pochissimi uomini e donne liberi presenti sul nostro pianeta, ma le moltitudini continueranno sempre a fare ciò che hanno fatto dalla notte dei tempi: seguire il gregge e belare. O, almeno, è ciò che accadrà fino al prossimo salto evolutivo che porterà alla comparsa di una nuova specie umana, ma dubito che la selezione naturale possa favorire i pochi individui portatori del carattere "libertà interiore"...
Nonostante i continui appelli alla libertà, e l'improprio utilizzo di questa meravigliosa parola anche per designare forze politiche che ne fanno scempio, debbo constatare, mio malgrado, che siamo in pochissimi a volerla davvero e a difenderla in ogni ambito: nella vita privata, nei rapporti interpersonali, nelle scuole e nelle università, nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni, nei partiti, nei sindacati e nelle associazioni.
Ecco, appunto: le associazioni. L'ultima ritorsione per la mia ostinata difesa del fondamentale diritto umano di esprimere liberamente - e civilmente - il proprio pensiero ha preso le forme dell'ennesimo rogo, ancorché acceso da mani apparentemente non clericali: la mia espulsione dall'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), nella quale rivestivo anche la carica di Coordinatore del Circolo di Bari, Circolo intitolato ad una grande martire del libero pensiero: Ipazia di Alessandria. Anche l'intitolazione del Circolo UAAR di Bari mi è costata una faticosa battaglia ed un duro scontro con la dirigenza nazionale dell'associazione, che si è opposta alla decisione unanime dei soci baresi con motivazioni inconsistenti e sconcertanti, per non dire deliranti.
Gli stessi aggettivi ben si adattano al pronunciamento dei Probi(?) Viri che ha decretato la mia espulsione dall'associazione. Ma di questo avremo modo di parlare in seguito. Quel che più conta, in questo post introduttivo, è spiegare l'interrogativo espresso nel titolo del blog.
La libertà fa paura, e l'abbandono del gregge della comunità religiosa nella quale il caso ci ha fatto nascere non può che alimentare tale paura, perché comporta l'abbandono delle illusorie certezze sulle quali le religioni hanno sempre fondato il loro indiscutibile successo di pubblico (e spesso anche di critica colta). E così gli "apostati", accompagnati da un infondato senso di superiorità e di disprezzo per chi continua a professare la propria religione, escono da un gregge per entrare in un altro.
L'UAAR è una grande associazione, fondata da un grande personaggio (e suo primo segretario): Martino Rizzotti. Dispone di un comitato di Presidenti onorari di tutto rispetto. Ha avviato e condotto in modo egregio numerose ed importanti campagne per la difesa della laicità in un Paese come il nostro, da sempre a rischio di teocrazia. Tuttavia, sotto l'attuale e mediocre dirigenza nazionale, sostenuta da un'altrettanto mediocre dirigenza locale (molti - fortunatamente non tutti - Coordinatori e Referenti provinciali), si sta trasformando inesorabilmente in un gregge. E ciò è inammissibile, proprio da parte di un'associazione che "predica" l'uscita dal gregge dell'appartenenza religiosa.
Questa trasformazione sta subendo, negli ultimi anni, una consistente accelerazione, prodotta con l'arma delle epurazioni condotte nel più autentico stile staliniano: processi sommari basati su sospetti e delazioni (che vengono incoraggiate anziché sanzionate), oltre che su interpretazioni ed applicazioni assai arbitrarie dello statuto e dei regolamenti associativi (a "fisarmonica", cioè restrittive o estensive a seconda della convenienza).
Quando qualcuno si rifiuta di aderire al pensiero unico dominante, viene prima tentata la strada della persuasione, poi si passa agli attacchi personali sulle mailing list da parte di alcuni dirigenti nazionali, subito dopo si scatena - sempre sulle mailing list - il linciaggio morale da parte di una decina fra Coordinatori/Referenti provinciali e semplici soci (la "guardia imperiale", che sembra molto più numerosa perché interviene spesso mentre la maggioranza assiste in silenzio), con periodiche spruzzate di benzina da parte di membri del Comitato Centrale - pardon, mi è scappato, volevo dire Comitato di Coordinamento - quando il fuoco tende ad affievolirsi, e a quel punto, se il "dissidente" è un Coordinatore di Circolo, cominciano a partire gli attacchi dall'interno del Circolo stesso (soci mediocri e frustrati che vedono nel contrasto in atto l'occasione per emergere dall'anonimato ed allearsi con i vertici associativi, a loro volta pronti ad accoglierli a braccia aperte). Dato che il meccanismo adottato è molto simile al mobbing, il fronte dell'opposizione interna al Circolo si allarga, come accade anche nei luoghi di lavoro quando il capo lancia segnali ostili nei confronti di un dipendente (e, in circostanze del genere, la natura umana tende a rivelare i suoi aspetti più miserabili).
Se, nonostante tutto, il "dissidente" non rinuncia - maledetto testardo! - ad esercitare il proprio diritto - fondamentale - alla libera espressione del proprio pensiero, il passaggio successivo è il deferimento ai Probi(?)Viri; questi "viri", lungi dall'essere probi, si rivelano pregiudizialmente schierati con la dirigenza, ed eseguono sentenze già scritte prima ancora che il "processo" abbia inizio.
L'espulsione del socio "dissidente" è pertanto scontata, come è successo di recente a me e, proprio ieri (18 marzo 2010), anche al Coordinatore del Circolo UAAR di Lecce e Coordinatore Regionale della Puglia: Giacomo Grippa, un uomo davvero probo che all'UAAR ha dedicato molti anni di duro e costante impegno, e che all'UAAR ha donato tanti successi e tanta visibilità.
E, giunti a questo punto, ci ricongiungiamo con il titolo del post: il perché di questo blog.
Constatato che:
1) sotto l'attuale dirigenza nazionale, l'UAAR è ormai specularmente identica alla Chiesa della quale dovrebbe essere avversaria;
2) l'afferenza all'UAAR comporta, nelle attuali condizioni, l'appartenenza ad un gregge belante, e chi non accetta la condizione di "pecora" viene espulso;
3) molti (troppi!) soci accettano passivamente (o reprimendo il loro dissenso e masticando amaro) di far parte del gregge, sostenendo apertamente la dirigenza nazionale o limitandosi ad assistere in silenzio ai linciaggi ed alle espulsioni (spesso con l'illusoria speranza che al prossimo congresso nazionale qualcosa possa cambiare, ma sarà difficile se i "dissidenti" continuano ad essere espulsi o si vedono costretti a dimettersi);
4) un'associazione che dovrebbe incoraggiare il libero pensiero fa di tutto per reprimerlo, e per mortificare la creatività dei suoi soci (opponendosi, ad esempio, all'intitolazione del circolo di Bari alla grandissima Ipazia di Alessandria);
5) in conclusione (e riallacciandoci alle premesse), gli esseri umani tendono - per la loro natura incline al conformismo, che svolge tuttavia un ruolo importante nei processi evolutivi, favorendo l'adattamento all'ambiente sociale - a farsi pecore in qualsiasi comunità della quale si trovino a far parte, isolando e perseguitando coloro che difendono la propria e altrui libertà di pensiero, o assistendo passivamente alla loro persecuzione,
viene da chiedersi se la morte di grandi e meravigliosi personaggi come Ipazia di Alessandria e Giordano Bruno abbia avuto un senso. Nonostante gli omaggi loro tributati ed i monumenti eretti in loro onore, nonostante l'ammirazione che tanti uomini e donne dichiarano di provare per loro, gli stessi uomini e le stesse donne finiscono spesso col comportarsi - in senso metaforico, s'intende - come i monaci parabolani che hanno straziato le delicate carni di Ipazia e gli inquisitori che hanno condannato al rogo Giordano Bruno (senza neppure concedergli lo strangolamento prima di appiccare il fuoco, cosa che all'epoca non si negava a nessun altro condannato).
La libertà - quella vera, quella interiore, quella che nessuno ti può togliere neanche rinchiudendoti in una minuscola cella - suscita paura e invidia in chi non ce l'ha. E, come il coraggio per Don Abbondio, se uno non ce l'ha non se la può dare. Sembra di assistere al capolavoro di Buñuel "Il fantasma della libertà", dove si vedono patrioti che cadono fucilati gridando "Abbasso la libertà!", e la polizia che tenta di disperdere la folla di manifestanti che, urlando la stessa frase, cercano di entrare nelle gabbie degli animali allo zoo.
A cosa è servita l'orribile morte di Ipazia e Giordano Bruno? Forse solo a fornire un esempio ed un incoraggiamento ai pochissimi uomini e donne liberi presenti sul nostro pianeta, ma le moltitudini continueranno sempre a fare ciò che hanno fatto dalla notte dei tempi: seguire il gregge e belare. O, almeno, è ciò che accadrà fino al prossimo salto evolutivo che porterà alla comparsa di una nuova specie umana, ma dubito che la selezione naturale possa favorire i pochi individui portatori del carattere "libertà interiore"...
3 commenti:
Ottima l'iniziativa del blog che permette la circolazione delle idee contro repressioni d'ogni tipo.
Della qualità dei Probi Viri si "incaricano" essi stessi, si "incarcano" da soli di ben rappresentarla.
Il suo presidente, per es., campione dell'anticrocifisso e della laicità, crucifige il dissenso.
Passerà alla cronica come la sacra sindone del potere uarrino ( fu infatti utilizzato come calco d'eccelenza della seconda riproduzione.
La dirigenza si prepara a congegnare il nuovo congresso con i trucchi "elettivi" del precedente.
Non potevano avere ostacoli, di qui le epurazioni.
Di qui il ricorso urgente, occultando gli altri, per il reato di associazione indiretta al pensiero critico di Bilancioni.
Buon lavoro e a risentirci, Giacomo.
La domanda che ti faccio è sempre la stessa come fai a decidere se la libertà ce l'hai o meno?
Come puoi decidere tu per gli altri? Sarà lecito avere opinioni diverse?
Io personalmente posso solo vivere cercando di essere plausibile a me stesso, e per farlo devo accettare che non è detto che io abbia ragione, posso solo argomentare le mie ragioni. Io non sono in grado di dare patenti di verità (o libertà) a nessuno.
E quindi o accetti che si possa dissentire con motivazioni legittime dalle tue opinioni oppure il tuo appello alla libertà è finto, in quanto se chi contrasta la tua opinione è per definizione un disonesto non c'è alcun possibile dialogo e dunque nessuna libertà.
cordialmente, Fabio
Caro Giacomo,
grazie per il tuo commento, come sempre arguto e caustico al punto giusto.
La tua semplice adesione, come sostenitore, al blog della cara e geniale Valentina Bilancioni è stato sufficiente per decretare la tua espulsione dall'UAAR, insieme ad altre motivazioni inconsistenti. Valentina è notoriamente un'eretica, e chi aderisce al pensiero degli eretici è un eretico egli stesso. In altri tempi, i dirigenti nazionali ed i probi(?)viri dell'UAAR sarebbero stati feroci ed implacabili inquisitori; oggi, non potendoci mandare al rogo come Giordano Bruno, né potendo aizzare contro di noi i monaci assassini che fecero a pezzi Ipazia, debbono accontentarsi di espellerci.
L'UAAR si è ormai ridotta in uno stato tale che l'espulsione è un onore. Noi non abbiamo violato alcuna regola, né statutaria né regolamentare (checché ne dicano i probi(?)viri; basta leggere attentamente i loro pronunciamenti contro di noi, allegati compresi, per rendersene conto), e siamo stati espulsi perché ci siamo rifiutati di cantare nel coro di voci bianche che intonano di continuo inni al Comitato Centrale (pardon, Comitato di Coordinamento), e, come sostiene in una sua mail Silvano Vergoli - per l'appunto, membro del CC - le voci fuori dal coro "si chiamano voci STONATE", che nuocciono all'armonia dell'insieme e che, in quanto tali, vanno isolate (complimenti per la squisita sensibilità democratica e per la raffinata cultura che trapela da codeste parole, Silvano!).
I tuoi commenti, come quelli delle poche persone veramente libere rimaste in circolazione, saranno sempre benvenuti in questo blog.
Un abbraccio fraterno dal tuo affezionato e sincero amico.
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