giovedì 14 aprile 2011

Dialogo con l'UCCR


Dopo una lunga pausa, dovuta a motivi personali ed a troppi impegni da fronteggiare, riprendo la pubblicazione dei miei post su questo blog per segnalare un evento interessante.

L'UCCR, Unione Cristiani Cattolici Razionali, ha dato di recente ampio risalto ai contenuti di questo e di un altro blog, Avalon 451, riguardanti le espulsioni di Giacomo Grippa e del sottoscritto ed altre vicende poco edificanti avvenute nell'UAAR, pubblicando un articolo intitolato L'UAAR pecca di razionalità: intrighi, lotte di potere ed epurazione degli eretici. A questo articolo ho replicato con una lettera, che riporto di seguito. Il responsabile della redazione dell'UCCR, nella sua risposta alla mia mail, ha gentilmente acconsentito a segnalare sul sito il link relativo a questo post.

Ecco la lettera:

Bari, 12.4.2011

Dopo lunga ed attenta riflessione, ho deciso di intervenire nel dibattito suscitato dalla pubblicazione del vostro articolo “L’UAAR pecca di razionalità: intrighi, lotte di potere ed epurazione degli eretici” (http://www.uccronline.it/2011/03/31/luaar-pecca-di-razionalita-intrighi-lotte-di-potere-ed-epurazione-degli-eretici/). Lo faccio con questa lettera, dato che non è più possibile postare commenti in coda all’articolo stesso, con preghiera di pubblicazione sul vostro sito.

Sono Stefano Puglisi, uno dei due “eretici” dell’UAAR epurati dal Collegio dei Probiviri (o, come più opportunamente li definisce l’altro epurato, il mio amico fraterno Giacomo Grippa, “Proniviri”), ed autore di uno dei due blog citati (http://giordanobruno58.blogspot.com/). Sono lieto del risalto che avete dato a queste gravissime e tristissime vicende, ed ai blog che le hanno narrate, ma ritengo opportuno chiarire alcuni punti, per amor del vero e per evitare facili strumentalizzazioni di quanto è accaduto.

Tengo innanzitutto ad evidenziare che l’oggetto delle mie critiche è l’attuale dirigenza nazionale dell’UAAR, e non l’Associazione stessa. Se, al momento dell’iscrizione, non avessi condiviso i contenuti del suo Statuto (http://www.uaar.it/uaar/statuto) e delle sue Tesi (http://www.uaar.it/uaar/tesi), e non fossi rimasto colpito dal prestigio dei suoi Presidenti Onorari (http://www.uaar.it/uaar/presidenti_onorari), non avrei versato la quota associativa, né, tantomeno, avrei accettato di diventare in seguito Coordinatore del Circolo di Bari. Quando, nel mio blog ed in altre sedi, definisco l’UAAR la “Chiesa degli Atei (CDA)”, e giungo a chiamarla “setta”, mi riferisco a ciò in cui la stanno trasformando, non a ciò che sarebbe se il suo Statuto e le sue Tesi trovassero effettiva applicazione nella vita associativa.

A tale proposito, mi sembra opportuno citare – in particolare – il punto 4 delle Tesi: “L’UAAR si distingue dalla maggior parte delle religioni o sette o conventicole anche perché non aspira a “omogeneizzare” il pensiero dei suoi aderenti. Anzi, è contraria a ogni forma di pensiero unico, in qualsiasi campo lo si voglia imporre. Vi sono molti modi diversi di vivere l’agnosticismo o l’ateismo, e l’UAAR li rispetta tutti. In definitiva, sono numerosi gli atteggiamenti ed elaborazioni di pensiero compatibili con l’adesione all’UAAR. D’altro canto non è di alcun interesse la separazione fra atei e agnostici, quando gli scopi di libertà e di ricerca sono comuni. Anzi, l’eterogeneità costituisce una garanzia contro involuzioni integraliste, in quanto già nei rapporti interni gli aderenti rispettano le reciproche convinzioni”. Belle parole, non c’è che dire; il problema, tuttavia, è che l’attuale dirigenza non applica questi nobili propositi, ma è pur vero che i dirigenti possono sempre essere sostituiti o possono essere spinti a modificare il loro operato (e questo è, per l’appunto, ciò che abbiamo cercato di fare io ed altri soci, ma la dirigenza ha risposto nel modo più ottuso e brutale, secondo il mio modesto parere).

Trovo anche inappropriata ed irriguardosa la definizione di “giornaletto parrocchiale di un pugno di laicisti” con la quale il vostro articolo designa la testata giornalistica online “Cronache Laiche”, sulla quale ho anche pubblicato alcuni articoli. Voi siete naturalmente liberi di contrastare le tesi esposte negli articoli di quella testata, ma non vedo che motivo ci sia di mancarle di rispetto solo perché esprime idee diverse dalle vostre. Quanto alle espressioni “pugno di laicisti” e “numero risibile di soci” (quest’ultima riportata più avanti e riferita agli iscritti all’UAAR), non trovo opportuno basare la valutazione della validità delle argomentazioni proposte sulla quantità di persone che le condividono: le peggiori dittature del XX secolo godevano del consenso della maggioranza delle popolazioni che governavano, e chi vi si opponeva era, per l’appunto, “un pugno” di cittadini ai quali, in seguito, la storia ha dato ragione. Inoltre, bisogna tener presente che i non credenti in italia sono tantissimi, anche se la maggioranza di essi non ha aderito ad alcuna associazione laicista. Lo stesso discorso vale per la definizione dell’UAAR come “associazione così piccola e insignificante nel panorama culturale italiano”, riportata in chiusura: le sue “dimensioni” non contano nulla, quel che conta sono i principi che ispirano le sue iniziative; purtroppo, però, se si contraddice al suo interno, tali iniziative sono destinate ad apparire poco credibili ed a risultare poco efficaci, ed è proprio da queste contraddizioni che è nato e si è sviluppato un dissenso interno.

Desidero anche segnalare, a proposito di Ipazia di Alessandria (citata in riferimento alla vicenda dell’intitolazione del Circolo UAAR di Bari), che la sua barbara uccisione per mano di cristiani fanatici del V secolo non è affatto “tutta da dimostrare”, ma ampiamente documentata dagli scritti degli storici dell’epoca, fra i quali Socrate Scolastico, che ne parla diffusamente nella sua Historia ecclesiastica, come avete scritto nell’articolo che avete dedicato a questo tema (http://www.uccronline.it/2010/04/09/la-morte-di-ipazia-di-alessandria/), ma omettendo di specificare che Socrate Scolastico era anch’egli cristiano (anche se contrario al fanatismo ed al fondamentalismo), ed avete citato solo alcune fra le tante fonti disponibili, dalle quali si apprende anche che: 1) Pietro il Lettore, che guidava il gruppo di monaci parabolani che fece a pezzi Ipazia, era amico intimo del vescovo Cirillo, con il quale aveva condiviso la permanenza di cinque anni nel monastero della Nitria; 2) i monaci parabolani agivano sempre su ordine di Cirillo, che era il loro capo; 3) per diversi giorni precedenti l’omicidio della scienziata-filosofa, Cirillo aizzò la folla contro di lei, dipingendola come una “strega” dedita a pratiche illecite.

Ultimo punto da chiarire: la nostra iniziativa contro l’UAAR, finalizzata a privarla dello status di Associazione di Promozione Sociale, non è una “vendetta” ma un atto etico e politico: etico perché mosso da un’elementare esigenza di giustizia (concetto ben diverso dalla “vendetta”), politico perché finalizzato ad un cambiamento del modus operandi della dirigenza dell’UAAR (o ad un suo ricambio). Ritengo, infatti, che l’esistenza di un’Associazione come l’UAAR (e/o di altre che ne condividano i principi e le finalità) sia fondamentale in un paese come il nostro: come si legge al punto 1 delle sue Tesi, “In un Paese migliore, l’UAAR non dovrebbe nemmeno esistere”. E vi spiego perché sono convinto di questo.

Personalmente, io mi definisco agnostico: sono troppo antidogmatico per accettare anche soltanto il dogma dell’ateismo, che è pur sempre una forma di fede, sia pure “negativa”. Io parto dal presupposto che non sia opportuno occuparsi di ciò che sfugge alle nostre possibilità di osservazione obiettiva – diretta o indiretta – e di indagine scientifica della realtà che ci circonda (includendo in essa le religioni con la loro storia e la loro filosofia, che costituiscono parte integrante della realtà umana). Non escludo a priori che possa esistere una dimensione ultraterrena, anche se la sua esistenza mi appare alquanto improbabile, come pure improbabile mi appare la possibilità di un’esistenza dell’anima (intesa come psiche) dopo la morte del suo substrato organico, ma so che una certezza assoluta potrò acquisirla soltanto dopo la mia morte (in caso di immortalità dell’anima, s’intende, altrimenti non avrò modo di essere consapevole dell’accaduto). Insomma, non amo le affermazioni assolute e perentorie, e preferisco piuttosto utilizzare come “bussole” il dubbio ed il mio spirito critico.

Ciò non significa affatto che io sia un “arido materialista”, come spesso vengono dipinti i non credenti: io non ho alcuna difficoltà ad usare termini come “anima” e “spirito”; pur considerando tutte le attività della psiche umana come manifestazioni del sistema nervoso e dei processi biologici che vi si svolgono, ho ben presente la differenza fra il piacere che si prova mangiando un piatto di linguine allo scoglio e quello che si prova ascoltando La Passione secondo Matteo di Bach (anche se l’ambito fisico e quello spirituale non possono mai essere totalmente distinti, a mio avviso). Purtroppo, alle orecchie di molti soci UAAR i termini “anima” e “spirito” suonano come bestemmie, ma io non sopporto alcun tipo di fondamentalismo, né religioso né ateo.

Io non ho mai concepito l’idea di “combattere” le religioni, né tale obiettivo compare nello Statuto e nelle Tesi dell’UAAR. Al contrario, ritengo necessario fare di tutto per diffondere una visione del mondo basata sulla razionalità e sulle conoscenze scientifiche, nella consapevolezza dei limiti della scienza stessa, costituita da teorie che si evolvono di continuo o che vengono rimpiazzate da nuove teorie ritenute più adatte a spiegare come è fatto, come funziona e come si è originato l’universo in cui viviamo, in tutte le sue componenti. Ritengo altresì necessario impedire che i dogmi ed i precetti di qualsiasi religione vengano imposti anche a chi non vi si riconosce, in quanto non credente o eterocredente. E proprio questi dovrebbero essere gli scopi dell’UAAR, secondo le intenzioni dei suoi fondatori.

Ne consegue che ritengo inammissibili i divieti che i credenti cercano di imporre all’intera società, come quelli relativi al divorzio, all’aborto, al ricorso ad alcune pratiche di procreazione assistita, e via dicendo. Al contrario, nessuno fra i non credenti sani di mente oserebbe neppure immaginare di costringere un credente a fare cose che non condivide, anche se, spesso, la propaganda cattolica presenta le legittime richieste del mondo laico come “imposizioni” nei riguardi dei credenti, come se, ad esempio, il diritto di divorziare costringesse anche chi crede nell’indissolubilità del matrimonio a fare altrettanto. Io sostengo fermamente che ognuno ha il diritto di vivere la propria vita come meglio crede, e anche di rovinarsela, se così desidera (purché non cerchi di rovinarla anche ad altri), ad esempio continuando a vivere con un coniuge con il quale è fallito ogni tentativo di salvare un rapporto conflittuale ed infelice. Non si capisce, pertanto, come si possano interpretare determinate rivendicazioni come “costrizioni” o “limitazioni” od “offese” nei riguardi dei credenti.

I cattolici si sono sempre opposti ad alcuni diritti rivendicati dal mondo laico (che non è rappresentato solo dai non credenti, ma anche da credenti “dissidenti”) con argomentazioni religiose, derivate dalle Sacre Scritture o dal magistero della Chiesa; convinzioni rispettabilissime, che tuttavia non possono essere imposte a tutta la popolazione sulla base del principio di maggioranza, e per tre ragioni sostanziali: 1) le argomentazioni usate dai cattolici sono basate sulla fede, cioè su qualcosa che è frutto di una scelta individuale ma che non può essere imposto con la forza a chi compie scelte differenti, e che non si basa su dati scientifici ed obiettivi (poiché ciò che attiene alla trascendenza non può essere oggetto di indagine scientifica); 2) la democrazia si caratterizza non come “dittatura della maggioranza”, bensì come sistema nel quale vengono rispettati anche i diritti delle minoranze (come stabilisce la Costituzione); 3) le maggioranze sono variabili, e, secondo le proiezioni dei demografi, fra un secolo la maggioranza della popolazione europea sarà musulmana, e allora potrà essere la minoranza cattolica a subire gravi imposizioni (come, ad esempio, il divieto di consumare bevande alcoliche, che avrebbe gravi conseguenze sulla liturgia cattolica, dato il ruolo che svolge il vino nella celebrazione eucaristica).

Su questi diritti non potrà mai essere trovato un punto di incontro fra concezioni del mondo e della vita radicalmente contrapposte. Chi ritiene di essere depositario di una “verità” rivelata, e della tradizione che ne consegue, non potrà mai essere d’accordo con chi sostiene che i matrimoni possono essere sciolti quando vengono meno determinati presupposti, che l’aborto non è un omicidio perché un embrione non può essere ancora considerato un essere umano finché non sviluppa un sistema nervoso in grado di generare una vita psichica, che alle unioni di fatto deve essere riconosciuta la stessa dignità delle unioni matrimoniali, che la fecondazione eterologa è una pratica legittima di procreazione assistita, che ognuno ha il diritto di scegliere cosa debba esser fatto del proprio corpo in caso di malattia gravemente invalidante o di coma profondo irreversibile, e via dicendo. L’unica soluzione possibile è, secondo me e secondo la maggioranza del mondo laico (o “laicista”, se preferite), la pacifica convivenza fra coloro che credono in “rivelazioni” in contrasto tra loro (principalmente ebrei, cristiani e musulmani) e coloro che non credono in alcuna “verità” rivelata (atei ed agnostici), senza reciproche imposizioni.

So bene che voi cattolici siete pronti a scagliarvi contro il “relativismo” insito nella mia idea di coesistenza pacifica tra visioni del mondo troppo diverse per essere conciliabili, ma non vedo altra via d’uscita. Voi non mi convincerete mai del fatto che un embrione umano abbia la stessa dignità e gli stessi diritti di un essere umano già dotato di un sistema nervoso funzionante, né dell’immortalità dell’anima (fino a prova contraria), né dell’indissolubilità del matrimonio, né del fatto che una donna possa generare un figlio senza perdere la verginità (anche se il figlio era Gesù), né del fatto che un essere umano non abbia il diritto di scegliere – direttamente o mediante testamento biologico – di rinunciare all’alimentazione ed all’idratazione forzata (come prevede il comma 2 dell’art. 32 della Costituzione), eccetera. E non avete il diritto di impormi le vostre convinzioni, come io non ho il diritto di imporvi le mie. Non è più concepibile una società monolitica nella quale tutti siano tenuti ad adeguarsi al pensiero unico dominante, e non vedo alternative alla pacifica coesistenza delle fedi e delle filosofie. Le uniche regole che debbono valere per tutti sono quelle della convivenza civile e del divieto di arrecare danno a terze persone (con l’infibulazione o con il rifiuto opposto alla somministrazione di trasfusioni o altre cure mediche ai propri congiunti, per esempio), laddove con “persone” debbono intendersi quelle che tutti – e non solo i cattolici – riconoscono come tali, e quindi non gli embrioni umani.

Sulla base di quanto esposto, è chiaro che non posso condividere iniziative come quella, annunciata da Dante Svarca (che conosco e stimo molto), di denunciare un vescovo perché non fa cessare la celebrazione dell’eucarestia nella propria diocesi, sulla base di analisi del DNA effettuate sulle ostie. Io non ho mai concepito l’idea di privare i credenti della loro fede e del conforto che ne deriva. Anche quando ero Coordinatore del Circolo UAAR di Bari “Ipazia di Alessandria”, dicevo sempre ai soci che per molte persone, duramente provate dalla vita, la religione rappresenta un importante sostegno psicologico, e che sono convinto che qualsiasi cosa possa aiutare qualcuno a vivere meglio ed a sopportare le avversità dell’esistenza non debba essere contrastata (salvo quando diventa “invadente”, costringendoci a difenderci dalle sue imposizioni); in perfetta sintonia con lo Statuto e le Tesi dell’UAAR, ricordavo che non era nostro compito “convertire” le masse all’ateismo ed all’agnosticismo, mentre lo era la diffusione di una concezione filosofica del mondo basata sulla razionalità e sulla scienza, e che prescindesse dall’esistenza di una dimensione ultraterrena, in modo che ogni individuo possa confrontare concezioni diverse e contrapposte e scegliere liberamente quale gli sia più congeniale.

Comportandosi esattamente come la Chiesa, che non ammette al proprio interno forme di dissidenza e di insubordinazione verso i suoi dogmi e le sue gerarchie, la dirigenza nazionale dell’UAAR ed i suoi Probi- (o Proni-) Viri hanno violato lo Statuto e le Tesi della loro stessa Associazione, facendole perdere credibilità ed efficacia. È bene che queste vicende siano portate a conoscenza dell’opinione pubblica, ed a tale proposito colgo l’occasione per comunicare l’imminente ripresa della pubblicazione di post sul mio blog (http://giordanobruno58.blogspot.com/).

Cordiali saluti

Stefano Puglisi


2 commenti:

Davide ha detto...

Be'... anche i fratelli che vengono cacciati dall'Opus Dei poi ne dicono peste e corna... Non so quanto credito si possa dare a chi viene cacciato da una qualunque associazione. I soci UAAR di Bari ti hanno difeso? hanno abbandonato in massa l'associazione? Hai pensato a fondare una nuova associazione con Grippa e con i soci UAAR di Bari?
Ciao, Davide.

Stefano Puglisi ha detto...

Il punto, caro Davide, non è il credito di cui gode chi è stato cacciato da un'associazione, ma la solidità delle sue argomentazioni e l'attendibilità della sua ricostruzione dei fatti. I fatti che io riferisco sono tutti basati su una ricca documentazione, la stessa che intendo utilizzare per chiedere al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali la revoca dello status di APS del quale l'UAAR si è dimostrata indegna, almeno finché la sua gestione non cambierà in modo radicale.
Come nel caso dell'Opus Dei, non vedo come si possa parlar bene di organizzazioni che non rispettano la libertà di pensiero ed altri fondamentali diritti dell'uomo.
Quanto al comportamento dei soci di Bari, ho già accennato, in due post precedenti ("Le ragioni di un'espulsione - 2" e "Fumata bianca al circolo UAAR di Bari"), al fatto che una parte di loro si è alleata alla dirigenza nazionale, approfittando dei contrasti che si erano creati, secondo una tattica che era già stata utilizzata in precedenza dal vertice associativo, quella della "manovra a tenaglia" (tanto un po' di gente disinformata, o immatura, o disturbata, o poco intelligente si trova sempre, all'interno di qualsiasi circolo). Ciononostante, io sono stato rieletto coordinatore all'inizio del 2010, e allora il gruppo dei servi della dirigenza convocò una nuova assemblea, utilizzando lo strumento della "mozione di sfiducia". Ma era tale la paura dei dirigenti UAAR che io potessi ugualmente essere rieletto coordinatore anche nella seconda assemblea (dato che dovevano aver saputo dai loro fedeli servitori baresi che io continuavo a godere della stima della maggioranza dei soci del circolo), che mi fecero espellere dai ProNiviri.
Diversi soci, a Bari e nel resto d'Italia, sono rimasti così disgustati dall'accaduto da decidere di non rinnovare l'iscrizione; altri sono rimasti, nonostante il disgusto, perché convinti - machiavellicamente - che l'UAAR vada sostenuta comunque.
Non ho ancora deciso se iscrivermi ad altre associazioni laiciste, anche perché non so se ne valga la pena: se il livello medio degli iscritti è lo stesso dei soci di Bari e di quelli che, nel resto d'Italia, hanno appoggiato in modo acritico i capi dell'UAAR (secondo la più radicata mentalità italica: schierarsi sempre dalla parte di chi comanda), allora bisogna cercare altre strade per continuare a difendere la causa della laicità.