mercoledì 11 maggio 2011

Iniziativa contro l'UAAR


In una lettera pubblicata il 28 ottobre 2010 sulla testata on-line "Cronache Laiche", intitolata Iniziativa contro l'UAAR, ho informato i lettori della decisione, presa da Giacomo Grippa (l'altro dirigente locale espulso dalla Chiesa Degli Atei) e da me, di chiedere al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di revocare all'UAAR lo status di Associazione di Promozione Sociale per violazione della Costituzione italiana e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, chiedendo l'assistenza dell'Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell'Uomo. Ecco la lettera:

Desidero informare la redazione ed i lettori di Cronache Laiche di un’iniziativa presa in data odierna dallo scrivente (Stefano Puglisi) e da Giacomo Grippa. Siamo due ex soci dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), espulsi dall’Associazione con pronunciamenti del Collegio dei Probiviri emanati, rispettivamente, il 22 febbraio ed il 18 marzo 2010. All’epoca dei suddetti provvedimenti rivestivamo le cariche, rispettivamente, di Coordinatore del Circolo provinciale di Bari (Puglisi) e di Coordinatore del Circolo provinciale di Lecce nonché Coordinatore Regionale per la Puglia (Grippa). Entrambi eravamo stati da poco riconfermati nelle rispettive cariche dalla maggioranza dei soci votanti nelle assemblee annuali di Circolo.

Giacomo Grippa ed io abbiamo inviato oggi all’Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell’Uomo la richiesta di assistenza per la presentazione al Ministero della Solidarietà Sociale di una domanda di revoca dell’iscrizione dell’UAAR nel registro nazionale delle Aps (Associazioni di promozione sociale), nel quale l’UAAR è presente al numero 141. Lo status di APS conferisce all’UAAR una serie di importanti vantaggi, fra i quali la possibilità di usufruire del versamento del 5 per mille da parte dei contribuenti. La nostra richiesta è motivata dal fatto che l’UAAR si è dimostrata, a nostro avviso, priva dei requisiti richiesti per il riconoscimento di tale status, che andrebbe di conseguenza revocato.

I suddetti requisiti comprendono il rispetto dei principi e dei diritti sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalla Costituzione della Repubblica Italiana, carte che l’UAAR dichiara di far proprie nel proprio Statuto e nelle proprie Tesi (visionabili sul sito www.uaar.it).

Noi siamo del parere che in questa ed altre vicende siano stati messi in atto una serie di gravi comportamenti in violazione della Costituzione e della Dichiarazione. Crediamo anche che la più grande associazione di atei ed agnostici presente in Italia, col prestigio che le deriva dalle importanti azioni condotte in difesa del principio di laicità delle istituzioni pubbliche e dalla lista dei suoi autorevolissimi Presidenti Onorari, sia tenuta a basare il proprio operato – anche nelle vicende interne – su principi e criteri che non sono stati rispettati nelle vicende menzionate, e che la nostra iniziativa possa essere utile ad una gestione più democratica ed illuminata dell’attuale, rendendo così più efficaci le sue azioni a favore di una società finalmente libera da influenze religiose e da dogmatismi d’ogni genere.


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venerdì 22 aprile 2011

La mamma degli imbecilli


Nel lungo periodo trascorso senza la pubblicazione di nuovi post, questo blog è stato onorato dalla ricezione di commenti di anonimi lettori che hanno fatto del loro meglio per dimostrare che la mamma degli imbecilli è la donna più prolifica del mondo. Non è da escludere che sia stata sempre la stessa persona a postarli, nel qual caso verrebbe da pensare che la sua feconda genitrice abbia concentrato in tale frutto del proprio ventre la quintessenza della propria capacità di procreare perfetti idioti.

Riporto di seguito i summenzionati commenti, esclusi i primi tre, consistenti in lunghe sequenze di caratteri senza senso:

1) "prrrrrrrrrrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!" (12/07/10)
2) "ma vaff......!!!!!!!!!" (30/07/10)
3) "che uomo!!" (30/07/10)
4) "prrrrrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!!!" (30/08/10)
5) "hihihihihihihihihihihihi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!" (21/09/10)
6) "ahahahahahahahahahahahahah!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!" (21/09/10)
7) "prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!" (21/09/10)
8) "ahahahahahahahahahahahahah!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!" (06/10/10)
9) "ma vai a c............." (18/10/10)
10) "che triste la tua vita" (02/11/10)
11) "prrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!" (11/11/10)
12) "prrrrrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!!!" (23/11/10)
13) "prrrrrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!!!" (01/04/11)

Un'analisi stilistica dei testi sopra riportati sembra rivelare differenze riconducibili a più di un autore; in ogni caso, tutti i commenti evidenziano un livello espressivo alquanto elementare, che conferma e, se possibile, aggrava la già infima opinione che ho dei miei detrattori. Si sa, ognuno si esprime nel modo che gli è consentito dalla propria statura morale ed intellettuale, ed i nani che hanno postato questi commenti manifestano - a mio modesto parere - notevoli affinità con i soci UAAR che si sono schierati con la dirigenza nazionale e mi hanno attaccato in modo acritico, violento e volgare.

Colgo l'occasione per rassicurare l'inclito autore del commento n. 10: eviti pure di preoccuparsi per la mia vita, che è assai ricca e soddisfacente, e soprattutto sempre ispirata da principi che mi tengono lontano dal grigiore e dal fetore in cui trascorrono la loro desolante esistenza le pecore che, incolonnate in copiose greggi condotte al pascolo da insipienti pastori e dai loro ringhianti mastini, ruminano tranquille godendosi la loro narcotizzante condizione di beata inconsapevolezza. Il problema, però, è che affidarsi ad un pastore è sempre pericoloso, perché, se i pastori non sono all'altezza del loro compito (come non lo sono, secondo me, i dirigenti dell'UAAR), possono condurre l'intero gregge oltre l'orlo di un precipizio, e le pecore che seguono ottusamente le loro compagne rischiano di accorgersi troppo tardi di non avere più solida terra sotto le zampe.

Concludo la carrellata con un commento - al post Fumata bianca al circolo UAAR di Bari - che si differenzia dagli altri non per maggiore acume, ma perché redatto, se non altro, in un linguaggio più articolato. L'autore si firma con uno pseudonimo, che in seguito mi è capitato di ritrovare tra i numerosi commenti ad una mia lettera pubblicata su "Cronache Laiche" (della quale parlerò in un post successivo): "Fuffa Forte". Ecco il commento:

"Quello non e' Mazinga Z, e' il Grande Mazinga, e c'e' un abisso fra i due. Per la tua espulsione dalla CDA, mi pare tu l'abbia presa bene. Il che conferma che forse forse l'esplusione era motivata. Saluti Fuffa Forte" (11/06/10)

L'autore si riferisce all'immagine da me usata per accompagnare il post citato, nel quale si legge "che qualcuno [un socio UAAR di Bari] avrebbe intitolato volentieri [il circolo] a "Mazinga Zeta", tanto per lui sarebbe stato uguale". Egli dimostra una notevole competenza nel campo dei cartoni animati giapponesi, ma si rivela, a mio avviso, anche dotato di facoltà intellettive non dissimili da quelle degli autori degli altri commenti sopra riportati. Infatti, costui sembra attribuire maggiore importanza ad un corretto utilizzo dei riferimenti iconografici che non al contenuto del post e, più in generale, alla gravità dei fatti da me narrati nel blog. Inoltre, tale soggetto considera "forse forse motivata" la mia espulsione dall'UAAR perché gli sembra che io "l'abbia presa bene".

Di fronte a tanto acume e profondità di elaborazione concettuale, oltre a sentirmi cadere le braccia mi coglie il dubbio che "forse forse" ribattere a simili interlocutori equivalga a sparare sulla Croce Rossa.

giovedì 14 aprile 2011

Dialogo con l'UCCR


Dopo una lunga pausa, dovuta a motivi personali ed a troppi impegni da fronteggiare, riprendo la pubblicazione dei miei post su questo blog per segnalare un evento interessante.

L'UCCR, Unione Cristiani Cattolici Razionali, ha dato di recente ampio risalto ai contenuti di questo e di un altro blog, Avalon 451, riguardanti le espulsioni di Giacomo Grippa e del sottoscritto ed altre vicende poco edificanti avvenute nell'UAAR, pubblicando un articolo intitolato L'UAAR pecca di razionalità: intrighi, lotte di potere ed epurazione degli eretici. A questo articolo ho replicato con una lettera, che riporto di seguito. Il responsabile della redazione dell'UCCR, nella sua risposta alla mia mail, ha gentilmente acconsentito a segnalare sul sito il link relativo a questo post.

Ecco la lettera:

Bari, 12.4.2011

Dopo lunga ed attenta riflessione, ho deciso di intervenire nel dibattito suscitato dalla pubblicazione del vostro articolo “L’UAAR pecca di razionalità: intrighi, lotte di potere ed epurazione degli eretici” (http://www.uccronline.it/2011/03/31/luaar-pecca-di-razionalita-intrighi-lotte-di-potere-ed-epurazione-degli-eretici/). Lo faccio con questa lettera, dato che non è più possibile postare commenti in coda all’articolo stesso, con preghiera di pubblicazione sul vostro sito.

Sono Stefano Puglisi, uno dei due “eretici” dell’UAAR epurati dal Collegio dei Probiviri (o, come più opportunamente li definisce l’altro epurato, il mio amico fraterno Giacomo Grippa, “Proniviri”), ed autore di uno dei due blog citati (http://giordanobruno58.blogspot.com/). Sono lieto del risalto che avete dato a queste gravissime e tristissime vicende, ed ai blog che le hanno narrate, ma ritengo opportuno chiarire alcuni punti, per amor del vero e per evitare facili strumentalizzazioni di quanto è accaduto.

Tengo innanzitutto ad evidenziare che l’oggetto delle mie critiche è l’attuale dirigenza nazionale dell’UAAR, e non l’Associazione stessa. Se, al momento dell’iscrizione, non avessi condiviso i contenuti del suo Statuto (http://www.uaar.it/uaar/statuto) e delle sue Tesi (http://www.uaar.it/uaar/tesi), e non fossi rimasto colpito dal prestigio dei suoi Presidenti Onorari (http://www.uaar.it/uaar/presidenti_onorari), non avrei versato la quota associativa, né, tantomeno, avrei accettato di diventare in seguito Coordinatore del Circolo di Bari. Quando, nel mio blog ed in altre sedi, definisco l’UAAR la “Chiesa degli Atei (CDA)”, e giungo a chiamarla “setta”, mi riferisco a ciò in cui la stanno trasformando, non a ciò che sarebbe se il suo Statuto e le sue Tesi trovassero effettiva applicazione nella vita associativa.

A tale proposito, mi sembra opportuno citare – in particolare – il punto 4 delle Tesi: “L’UAAR si distingue dalla maggior parte delle religioni o sette o conventicole anche perché non aspira a “omogeneizzare” il pensiero dei suoi aderenti. Anzi, è contraria a ogni forma di pensiero unico, in qualsiasi campo lo si voglia imporre. Vi sono molti modi diversi di vivere l’agnosticismo o l’ateismo, e l’UAAR li rispetta tutti. In definitiva, sono numerosi gli atteggiamenti ed elaborazioni di pensiero compatibili con l’adesione all’UAAR. D’altro canto non è di alcun interesse la separazione fra atei e agnostici, quando gli scopi di libertà e di ricerca sono comuni. Anzi, l’eterogeneità costituisce una garanzia contro involuzioni integraliste, in quanto già nei rapporti interni gli aderenti rispettano le reciproche convinzioni”. Belle parole, non c’è che dire; il problema, tuttavia, è che l’attuale dirigenza non applica questi nobili propositi, ma è pur vero che i dirigenti possono sempre essere sostituiti o possono essere spinti a modificare il loro operato (e questo è, per l’appunto, ciò che abbiamo cercato di fare io ed altri soci, ma la dirigenza ha risposto nel modo più ottuso e brutale, secondo il mio modesto parere).

Trovo anche inappropriata ed irriguardosa la definizione di “giornaletto parrocchiale di un pugno di laicisti” con la quale il vostro articolo designa la testata giornalistica online “Cronache Laiche”, sulla quale ho anche pubblicato alcuni articoli. Voi siete naturalmente liberi di contrastare le tesi esposte negli articoli di quella testata, ma non vedo che motivo ci sia di mancarle di rispetto solo perché esprime idee diverse dalle vostre. Quanto alle espressioni “pugno di laicisti” e “numero risibile di soci” (quest’ultima riportata più avanti e riferita agli iscritti all’UAAR), non trovo opportuno basare la valutazione della validità delle argomentazioni proposte sulla quantità di persone che le condividono: le peggiori dittature del XX secolo godevano del consenso della maggioranza delle popolazioni che governavano, e chi vi si opponeva era, per l’appunto, “un pugno” di cittadini ai quali, in seguito, la storia ha dato ragione. Inoltre, bisogna tener presente che i non credenti in italia sono tantissimi, anche se la maggioranza di essi non ha aderito ad alcuna associazione laicista. Lo stesso discorso vale per la definizione dell’UAAR come “associazione così piccola e insignificante nel panorama culturale italiano”, riportata in chiusura: le sue “dimensioni” non contano nulla, quel che conta sono i principi che ispirano le sue iniziative; purtroppo, però, se si contraddice al suo interno, tali iniziative sono destinate ad apparire poco credibili ed a risultare poco efficaci, ed è proprio da queste contraddizioni che è nato e si è sviluppato un dissenso interno.

Desidero anche segnalare, a proposito di Ipazia di Alessandria (citata in riferimento alla vicenda dell’intitolazione del Circolo UAAR di Bari), che la sua barbara uccisione per mano di cristiani fanatici del V secolo non è affatto “tutta da dimostrare”, ma ampiamente documentata dagli scritti degli storici dell’epoca, fra i quali Socrate Scolastico, che ne parla diffusamente nella sua Historia ecclesiastica, come avete scritto nell’articolo che avete dedicato a questo tema (http://www.uccronline.it/2010/04/09/la-morte-di-ipazia-di-alessandria/), ma omettendo di specificare che Socrate Scolastico era anch’egli cristiano (anche se contrario al fanatismo ed al fondamentalismo), ed avete citato solo alcune fra le tante fonti disponibili, dalle quali si apprende anche che: 1) Pietro il Lettore, che guidava il gruppo di monaci parabolani che fece a pezzi Ipazia, era amico intimo del vescovo Cirillo, con il quale aveva condiviso la permanenza di cinque anni nel monastero della Nitria; 2) i monaci parabolani agivano sempre su ordine di Cirillo, che era il loro capo; 3) per diversi giorni precedenti l’omicidio della scienziata-filosofa, Cirillo aizzò la folla contro di lei, dipingendola come una “strega” dedita a pratiche illecite.

Ultimo punto da chiarire: la nostra iniziativa contro l’UAAR, finalizzata a privarla dello status di Associazione di Promozione Sociale, non è una “vendetta” ma un atto etico e politico: etico perché mosso da un’elementare esigenza di giustizia (concetto ben diverso dalla “vendetta”), politico perché finalizzato ad un cambiamento del modus operandi della dirigenza dell’UAAR (o ad un suo ricambio). Ritengo, infatti, che l’esistenza di un’Associazione come l’UAAR (e/o di altre che ne condividano i principi e le finalità) sia fondamentale in un paese come il nostro: come si legge al punto 1 delle sue Tesi, “In un Paese migliore, l’UAAR non dovrebbe nemmeno esistere”. E vi spiego perché sono convinto di questo.

Personalmente, io mi definisco agnostico: sono troppo antidogmatico per accettare anche soltanto il dogma dell’ateismo, che è pur sempre una forma di fede, sia pure “negativa”. Io parto dal presupposto che non sia opportuno occuparsi di ciò che sfugge alle nostre possibilità di osservazione obiettiva – diretta o indiretta – e di indagine scientifica della realtà che ci circonda (includendo in essa le religioni con la loro storia e la loro filosofia, che costituiscono parte integrante della realtà umana). Non escludo a priori che possa esistere una dimensione ultraterrena, anche se la sua esistenza mi appare alquanto improbabile, come pure improbabile mi appare la possibilità di un’esistenza dell’anima (intesa come psiche) dopo la morte del suo substrato organico, ma so che una certezza assoluta potrò acquisirla soltanto dopo la mia morte (in caso di immortalità dell’anima, s’intende, altrimenti non avrò modo di essere consapevole dell’accaduto). Insomma, non amo le affermazioni assolute e perentorie, e preferisco piuttosto utilizzare come “bussole” il dubbio ed il mio spirito critico.

Ciò non significa affatto che io sia un “arido materialista”, come spesso vengono dipinti i non credenti: io non ho alcuna difficoltà ad usare termini come “anima” e “spirito”; pur considerando tutte le attività della psiche umana come manifestazioni del sistema nervoso e dei processi biologici che vi si svolgono, ho ben presente la differenza fra il piacere che si prova mangiando un piatto di linguine allo scoglio e quello che si prova ascoltando La Passione secondo Matteo di Bach (anche se l’ambito fisico e quello spirituale non possono mai essere totalmente distinti, a mio avviso). Purtroppo, alle orecchie di molti soci UAAR i termini “anima” e “spirito” suonano come bestemmie, ma io non sopporto alcun tipo di fondamentalismo, né religioso né ateo.

Io non ho mai concepito l’idea di “combattere” le religioni, né tale obiettivo compare nello Statuto e nelle Tesi dell’UAAR. Al contrario, ritengo necessario fare di tutto per diffondere una visione del mondo basata sulla razionalità e sulle conoscenze scientifiche, nella consapevolezza dei limiti della scienza stessa, costituita da teorie che si evolvono di continuo o che vengono rimpiazzate da nuove teorie ritenute più adatte a spiegare come è fatto, come funziona e come si è originato l’universo in cui viviamo, in tutte le sue componenti. Ritengo altresì necessario impedire che i dogmi ed i precetti di qualsiasi religione vengano imposti anche a chi non vi si riconosce, in quanto non credente o eterocredente. E proprio questi dovrebbero essere gli scopi dell’UAAR, secondo le intenzioni dei suoi fondatori.

Ne consegue che ritengo inammissibili i divieti che i credenti cercano di imporre all’intera società, come quelli relativi al divorzio, all’aborto, al ricorso ad alcune pratiche di procreazione assistita, e via dicendo. Al contrario, nessuno fra i non credenti sani di mente oserebbe neppure immaginare di costringere un credente a fare cose che non condivide, anche se, spesso, la propaganda cattolica presenta le legittime richieste del mondo laico come “imposizioni” nei riguardi dei credenti, come se, ad esempio, il diritto di divorziare costringesse anche chi crede nell’indissolubilità del matrimonio a fare altrettanto. Io sostengo fermamente che ognuno ha il diritto di vivere la propria vita come meglio crede, e anche di rovinarsela, se così desidera (purché non cerchi di rovinarla anche ad altri), ad esempio continuando a vivere con un coniuge con il quale è fallito ogni tentativo di salvare un rapporto conflittuale ed infelice. Non si capisce, pertanto, come si possano interpretare determinate rivendicazioni come “costrizioni” o “limitazioni” od “offese” nei riguardi dei credenti.

I cattolici si sono sempre opposti ad alcuni diritti rivendicati dal mondo laico (che non è rappresentato solo dai non credenti, ma anche da credenti “dissidenti”) con argomentazioni religiose, derivate dalle Sacre Scritture o dal magistero della Chiesa; convinzioni rispettabilissime, che tuttavia non possono essere imposte a tutta la popolazione sulla base del principio di maggioranza, e per tre ragioni sostanziali: 1) le argomentazioni usate dai cattolici sono basate sulla fede, cioè su qualcosa che è frutto di una scelta individuale ma che non può essere imposto con la forza a chi compie scelte differenti, e che non si basa su dati scientifici ed obiettivi (poiché ciò che attiene alla trascendenza non può essere oggetto di indagine scientifica); 2) la democrazia si caratterizza non come “dittatura della maggioranza”, bensì come sistema nel quale vengono rispettati anche i diritti delle minoranze (come stabilisce la Costituzione); 3) le maggioranze sono variabili, e, secondo le proiezioni dei demografi, fra un secolo la maggioranza della popolazione europea sarà musulmana, e allora potrà essere la minoranza cattolica a subire gravi imposizioni (come, ad esempio, il divieto di consumare bevande alcoliche, che avrebbe gravi conseguenze sulla liturgia cattolica, dato il ruolo che svolge il vino nella celebrazione eucaristica).

Su questi diritti non potrà mai essere trovato un punto di incontro fra concezioni del mondo e della vita radicalmente contrapposte. Chi ritiene di essere depositario di una “verità” rivelata, e della tradizione che ne consegue, non potrà mai essere d’accordo con chi sostiene che i matrimoni possono essere sciolti quando vengono meno determinati presupposti, che l’aborto non è un omicidio perché un embrione non può essere ancora considerato un essere umano finché non sviluppa un sistema nervoso in grado di generare una vita psichica, che alle unioni di fatto deve essere riconosciuta la stessa dignità delle unioni matrimoniali, che la fecondazione eterologa è una pratica legittima di procreazione assistita, che ognuno ha il diritto di scegliere cosa debba esser fatto del proprio corpo in caso di malattia gravemente invalidante o di coma profondo irreversibile, e via dicendo. L’unica soluzione possibile è, secondo me e secondo la maggioranza del mondo laico (o “laicista”, se preferite), la pacifica convivenza fra coloro che credono in “rivelazioni” in contrasto tra loro (principalmente ebrei, cristiani e musulmani) e coloro che non credono in alcuna “verità” rivelata (atei ed agnostici), senza reciproche imposizioni.

So bene che voi cattolici siete pronti a scagliarvi contro il “relativismo” insito nella mia idea di coesistenza pacifica tra visioni del mondo troppo diverse per essere conciliabili, ma non vedo altra via d’uscita. Voi non mi convincerete mai del fatto che un embrione umano abbia la stessa dignità e gli stessi diritti di un essere umano già dotato di un sistema nervoso funzionante, né dell’immortalità dell’anima (fino a prova contraria), né dell’indissolubilità del matrimonio, né del fatto che una donna possa generare un figlio senza perdere la verginità (anche se il figlio era Gesù), né del fatto che un essere umano non abbia il diritto di scegliere – direttamente o mediante testamento biologico – di rinunciare all’alimentazione ed all’idratazione forzata (come prevede il comma 2 dell’art. 32 della Costituzione), eccetera. E non avete il diritto di impormi le vostre convinzioni, come io non ho il diritto di imporvi le mie. Non è più concepibile una società monolitica nella quale tutti siano tenuti ad adeguarsi al pensiero unico dominante, e non vedo alternative alla pacifica coesistenza delle fedi e delle filosofie. Le uniche regole che debbono valere per tutti sono quelle della convivenza civile e del divieto di arrecare danno a terze persone (con l’infibulazione o con il rifiuto opposto alla somministrazione di trasfusioni o altre cure mediche ai propri congiunti, per esempio), laddove con “persone” debbono intendersi quelle che tutti – e non solo i cattolici – riconoscono come tali, e quindi non gli embrioni umani.

Sulla base di quanto esposto, è chiaro che non posso condividere iniziative come quella, annunciata da Dante Svarca (che conosco e stimo molto), di denunciare un vescovo perché non fa cessare la celebrazione dell’eucarestia nella propria diocesi, sulla base di analisi del DNA effettuate sulle ostie. Io non ho mai concepito l’idea di privare i credenti della loro fede e del conforto che ne deriva. Anche quando ero Coordinatore del Circolo UAAR di Bari “Ipazia di Alessandria”, dicevo sempre ai soci che per molte persone, duramente provate dalla vita, la religione rappresenta un importante sostegno psicologico, e che sono convinto che qualsiasi cosa possa aiutare qualcuno a vivere meglio ed a sopportare le avversità dell’esistenza non debba essere contrastata (salvo quando diventa “invadente”, costringendoci a difenderci dalle sue imposizioni); in perfetta sintonia con lo Statuto e le Tesi dell’UAAR, ricordavo che non era nostro compito “convertire” le masse all’ateismo ed all’agnosticismo, mentre lo era la diffusione di una concezione filosofica del mondo basata sulla razionalità e sulla scienza, e che prescindesse dall’esistenza di una dimensione ultraterrena, in modo che ogni individuo possa confrontare concezioni diverse e contrapposte e scegliere liberamente quale gli sia più congeniale.

Comportandosi esattamente come la Chiesa, che non ammette al proprio interno forme di dissidenza e di insubordinazione verso i suoi dogmi e le sue gerarchie, la dirigenza nazionale dell’UAAR ed i suoi Probi- (o Proni-) Viri hanno violato lo Statuto e le Tesi della loro stessa Associazione, facendole perdere credibilità ed efficacia. È bene che queste vicende siano portate a conoscenza dell’opinione pubblica, ed a tale proposito colgo l’occasione per comunicare l’imminente ripresa della pubblicazione di post sul mio blog (http://giordanobruno58.blogspot.com/).

Cordiali saluti

Stefano Puglisi


lunedì 19 aprile 2010

Fumata bianca al circolo UAAR di Bari


Pochi giorni fa (venerdì 16 aprile 2010) il circolo UAAR di Bari "Ipazia di Alessandria" (che qualcuno avrebbe intitolato volentieri a "Mazinga Zeta", tanto per lui sarebbe stato uguale) si è riunito in assemblea per eleggere il nuovo coordinatore, essendo il posto vacante dopo la mia espulsione dalla CDA (Chiesa Degli Atei, detta anche UAAR).

La scelta dei soci presenti è caduta su Rafael La Perna, che è stato tra i protagonisti dell'attacco sferratomi dall'interno del circolo contemporaneamente all'offensiva lanciata contro il sottoscritto dalla dirigenza nazionale, con una manovra a tenaglia che si è conclusa con la scomunica dell'eretico di turno. Rafael, infatti, è tra i firmatari della mozione di sfiducia che fu inviata alla coordinatrice dei circoli , Anna Bucci, poche settimane dopo la mia rielezione a coordinatore per il 2010. Ma di questo avremo modo di parlare nel corso della ricostruzione a puntate della telenovela.

Conoscendolo, credo proprio che Rafael sia più adatto di me a rappresentare i soci - superstiti - del disastrato circolo di Bari, per lo meno la componente che ha deciso di dare una mano all'oligarchia al potere nella CDA nella condanna al rogo di un coordinatore che, pur avendo reso vitale un circolo prima dormiente ed organizzato molte ed importanti iniziative nel corso del 2009, si era reso colpevole dei peccati mortali di lesa maestà, eresia, stregoneria e disobbedienza agli ordini dei superiori gerarchici.

Auguri, Rafael!

domenica 11 aprile 2010

Le ragioni di un'espulsione - 2


Riprendiamo la narrazione dell'antefatto.

Dalla lettura delle mail che si succedono sulla "lista circoli", apprendo che sull'argomento "intitolazione dei circoli" si è già tenuta - poco tempo prima - una discussione sulla "lista uaar" (accessibile a tutti i soci che abbiano effettuato la procedura di iscrizione), per ragioni che ignoro, essendo io iscritto solo alla prima. In quella sede, la discussione è stata rinviata all'imminente assemblea annuale dei coordinatori di circolo, fissata per i primi di novembre a Rimini (come da tradizione). Mi viene più volte rimproverato, da alcuni partecipanti al dibattito da me suscitato, di aver effettuato un colpo di mano, anticipando una decisione senza aver atteso il pronunciamento dell'assemblea, e a nulla serve ricordare ogni volta che non potevo essere al corrente della suddetta discussione non essendo iscritto alla lista uaar, mentre sulla lista circoli l'argomento non era stato toccato. Ma, com'è noto, a lavare la testa al ciuccio si perde il tempo, l'acqua e il sapone...

A Rimini il dibattito è acceso e serrato. Io ripropongo le ragioni a sostegno della decisione unanime del circolo di Bari e faccio presente che un eventuale rifiuto potrebbe indurre diversi soci a dimettersi, a cominciare dal sottoscritto. Preciso che non si tratta di un discorso ricattatorio (anche se alcuni dei presenti lo recepiscono come tale), ma solo della doverosa segnalazione di un malessere che da tempo serpeggia tra i soci del circolo da me coordinato, dovuto anche ai miei resoconti sui fatti accaduti nei mesi precedenti (sinteticamente elencati nel post "Risposta a Fabio Milito Pagliara - 2"). Per quanto mi riguarda, faccio presente che avrei grosse difficoltà a continuare a far parte di un'associazione nella quale una splendida proposta come la nostra dovesse venir respinta con aride motivazioni burocratiche (delle quali, inoltre, non si coglie la ratio) e con il mancato rilascio di ridicole patenti di laicità a millenni di distanza (come ha giustamente rilevato, con l'acume che lo contraddistingue, il caro Giacomo Grippa, l'altro eretico espulso dall'UAAR in quanto - anche lui - libero pensatore).

Il dibattito viene chiuso da un intervento del segretario, Raffaele Carcano, che propone - questa volta saggiamente - una moratoria: i circoli già in possesso di un'intitolazione (Roma e Lecce già da tempo, ed ora anche Bari) potranno conservarla fino al prossimo congresso nazionale, previsto per l'autunno del 2010, mentre eventuali nuove richieste verranno respinte fino ad allora. Poi, a seconda delle modifiche statutarie adottate dal congresso, tutti i circoli potranno scegliersi un'intitolazione o, in caso contrario, spariranno anche quelle già adottate.

E' chiaro che, con un Comitato Centrale (!) interamente e convintamente orientato ad evitarle, anche le tre intitolazioni in vigore avrebbero avuto i mesi contati. Comunque, per quanto effimero, il risultato ottenuto è una vittoria, e, appena rientrato a Bari, lo comunico ai soci del circolo con un messaggio intitolato "CE L'ABBIAMO FATTA (PER ORA)!".

In questa mail riporto un resoconto dell'assemblea di Rimini, completa di retroscena (come la solidarietà e l'affinità di vedute manifestatemi da alcuni fra coordinatori e referenti provinciali) e di giudizi sugli interventi idioti di alcune delle solite pecore che debbono seguire a tutti i costi i loro capi, anche quando la loro fedeltà li porta ben oltre i limiti imposti dalla decenza e dalla salvaguardia della dignità personale. Il tono è ironico e colloquiale, nello stile con il quale mi sono sempre rivolto ai soci del circolo, grazie anche alla splendida atmosfera - assolutamente informale - di collaborazione ed amicizia che ha sempre caratterizzato i nostri rapporti, tanto da vivere la partecipazione alle riunioni ed alle iniziative con il senso di appartenenza ad una "grande famiglia" (espressione usata da diversi soci entusiasti). C'è stato qualche piccolo incidente di percorso in precedenza, ma credo sia fisiologico in un circolo che, nel frattempo, è cresciuto fino ad arrivare a 66 unità.

L'unico momento di tensione degno di nota, peraltro relativa, si è verificato nell'aprile del 2009, pochi giorni prima del nostro Darwin Day. Avevamo deciso, come molti altri circoli, di promuovere una raccolta di firme per una petizione da presentare al Sindaco di Bari relativa all'intitolazione di una strada a Charles Robert Darwin. La raccolta di firme sarebbe stata annunciata proprio al Darwin Day, anche perché il periodo era propizio: ci trovavamo infatti in piena campagna elettorale per le elezioni amministrative, quando generalmente i candidati sindaci sono più propensi a rispondere ad iniziative del genere. Subito dopo la fine dell'ultima riunione prima dell'evento, tenutasi una settimana prima di esso, un socio, E.R., mi ha però ricordato che a Bari esiste una strada intitolata al famigerato Nicola Pende, l'endocrinologo ed accademico pugliese autore e primo firmatario del "Manifesto della razza" del 1938, nel quale si afferma - con motivazioni pseudoscientifiche - che gli Ebrei non appartengono alla razza italiana (!), fornendo così al regime fascista il pretesto per emanare, pochi mesi dopo, le leggi razziali, una vergogna per la quale le scuse degli Italiani agli Ebrei ed al mondo intero non saranno mai abbastanza; infatti, la persecuzione che ne scaturì culminò con le deportazioni dei cittadini italiani di religione ebraica nei campi di sterminio nazisti. Io ho colto al volo il suggerimento implicito nell'informazione del socio: si presentava una grande occasione per chiedere non solo l'intitolazione di una strada barese a Darwin, ma anche per la sostituzione del nome di Pende con quello di Darwin, di uno scienziato vile, infame e fasullo con un grande ed autentico scienziato. Nei giorni seguenti ho inviato una mail ai soci per informarli della novità, ma con mia grande sorpresa - ed indignazione - diversi di loro si sono opposti con motivazioni assurde, inconsistenti ed incomprensibili. Io credo che il motivo di fondo fosse il timore di creare problemi all'uno o all'altro candidato alla carica di Sindaco, preoccupazione che era però in piena violazione dello statuto dell'UAAR che definisce l'associazione "apartitica". Alcuni di coloro che inizialmente si erano dichiarati a favore, hanno ritirato la loro adesione nel vedere svariati soci opporsi con forza all'iniziativa. Ciononostante, fra coloro che avevano risposto alla consultazione telematica il numero dei favorevoli è risultato identico a quello dei contrari, e grazie al mio voto favorevole la maggioranza - per quanto risicata - si è espressa positivamente. Per tener conto di ciò, ho deciso di presentare due petizioni distinte, in modo che tutti potessero firmare a favore di Darwin senza per questo dover necessariamente esprimersi anche contro via Pende, ma la delusione è stata atroce, e mi ha costretto a ridimensionare l'idea che mi ero fatto della statura morale ed intellettuale di diversi soci.

Subito dopo l'invio del mio resoconto sull'assemblea di Rimini, tre soci di Bari inviano una mail agli altri soci locali ed all'antipapa Carcano - primo della lista dei destinatari - dissociandosi "dai toni e dalle parole usate" dal sottoscritto. Va evidenziato che: i) due di essi (D.C. e N.T.) furono fra i primi ad opporsi all'iniziativa per il cambio di denominazione di via Pende, e dal Darwin Day (tenutosi parecchi mesi prima) avevano smesso di essere soci attivi del circolo; ii) il terzo (A.D.), iscrittosi all'UAAR proprio in occasione del Darwin Day, aveva manifestato sin dall'inizio un atteggiamento ipercritico ed immotivatamente aggressivo nei miei confronti; iii) tutti e tre, essendo soci inattivi, non si erano espressi né a favore né contro l'intitolazione del circolo ad Ipazia, né avevano lanciato segnali di dissenso quando io informavo i soci dei miei contrasti con i vertici UAAR.

La mia risposta è immediata ed indignata, di fronte a quella che non esito a definire una porcata: quelle mail sono scritte con evidente malafede con l'intento di mettermi in difficoltà in un momento di per sé già molto delicato, e di cercare di stabilire un'alleanza con una dirigenza nazionale a me ostile per i problemi che, nello svolgimento del mio incarico, le avevo creato. Non ho problemi a riconoscere ad ogni socio il diritto di rivolgersi al segretario, se il comportamento del coordinatore gli appare scorretto, ma i suddetti gentiluomini non avevano neppure chiesto un chiarimento interno (che non avrei avuto difficoltà a concedergli), prima di scomodare il "grande capo". Il quale, a sua volta, non perde l'occasione che gli viene offerta e prende subito le parti dei contestatori, sia con le mail spedite ai soci baresi, sia con quelle inviate sulle liste nazionali, dove si scatena un nuovo linciaggio morale contro di me.

Vale la pena ricordare che il socio barese D.C., in una mail interna al circolo nell'ambito del dibattito scaturito dalla brillante iniziativa sua e dei suoi due degni compari, scrive - senza vergognarsene neanche un po' - la seguente frase: "Sulla questione di intitolare il circolo ad Ipazia non ho proferito parola perché è un argomento che non mi entusiasma molto ed anche perché in generale sono concorde, ma non particolarmente interessato: per quanto mi riguarda il circolo potrebbe essere intitolato anche a Mazinga-Zeta!".

Ogni commento è superfluo. Il bello di avversari del genere è che non c'è alcun bisogno di screditarli: provvedono a farlo da soli, ed in modo assai più efficace. E' sufficiente lasciarli agire e parlare, al resto provvederà la loro stessa natura.

E sono persone di questo livello che la dirigenza nazionale dell'UAAR sceglie come alleate nel tentativo di mettere in difficoltà coordinatori "scomodi". Evidentemente intelligenza, creatività e cultura non sono qualità ritenute importanti dai membri del CC; ciò che conta davvero è la fedeltà ai gerarchi, e, come dice Silvano Vergoli (anch'egli del CC), "cantare nel coro in armonia con le altre voci". Mi dispiace, Silvano, ma il ruolo di voce bianca non mi è mai stato congeniale.

"E agli atei 80 mila euro"


E' questo il titolo di un trafiletto pubblicato sul numero 14 (8 aprile 2010) de "L'Espresso", a pag. 26. La notizia riportata è che quest'anno l'UAAR, per la prima volta, potrà incassare i contributi del 5 per mille, per un ammontare di "circa 80 mila euro provenienti dalle dichiarazioni espresse da 1.152 contribuenti".

L'UAAR può usufruire del 5 per mille essendo un'Associazione di Promozione Sociale (APS), e come tale, ai sensi della legge 383/2000, non deve avere finalità di lucro (e fin qui ci siamo) e deve svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o terzi nel pieno rispetto della dignità e della libertà degli associati.

L'UAAR risponde a quest'ultimo requisito? I frequentatori di questo blog potranno valutarlo da soli, proseguendo l'istruttiva lettura della cronaca della mia espulsione.

lunedì 5 aprile 2010

Le ragioni di un'espulsione - 1

E' giunto il momento di spiegare in dettaglio ai miei lettori (to the happy few) le ragioni per le quali considero la mia espulsione dall'UAAR un atto di persecuzione contro un eretico, l'epurazione di un dissidente degna dell'URSS ai tempi di Stalin.

E' un atto dovuto, sia per argomentare le mie critiche, sia per rispondere in modo appropriato ai dirigenti UAAR ed ai loro devoti sostenitori che mi accusano di aver finora volutamente omesso le motivazioni alla base del pronunciamento dei viri-tutt'altro-che-probi.

Cari pastori e pecore dell'UAAR, visto che insistete tanto, ecco le prove di quanto sostengo. Quelle che conoscete benissimo, ma fingete di ignorare. Sono curioso di sapere, ad esposizione conclusa, come farete a sostenere ancora le vostre effimere ragioni.

ANTEFATTO

Lo scorso autunno, su proposta di un giovane socio del circolo provinciale di Bari dell'UAAR, M.L., da me subito accolta e rilanciata, i soci del circolo, dopo una consultazione telematica ed una riunione, decidono all'unanimità di intitolare il circolo stesso ad Ipazia di Alessandria. Il giorno 21 ottobre 2009 invio alla lista dei coordinatori di circolo ("lista circoli") una mail nella quale comunico la grande notizia, con l'ingenua convinzione - subito rivelatasi infondata - che essa sarebbe stata accolta con entusiasmo e che avrebbe suscitato una valanga di congratulazioni ed auguri.

Con mia profonda amarezza e delusione, comincio subito a ricevere una serie di risposte - sia di semplici soci, sia di membri del Comitato Centrale (mannaggia, sbaglio sempre: volevo dire Comitato di Coordinamento, d'ora in poi "CC") dell'UAAR - che oppongono all'iniziativa barese una serie di obiezioni e di perplessità tali da far cadere le braccia anche alla persona più paziente e comprensiva del mondo.

Ciò che colpisce, più d'ogni altra cosa, è lo stridente contrasto fra la grandezza del personaggio di Ipazia e l'infimo livello delle argomentazioni di tipo partitico-burocratico che vengono opposte alla nostra iniziativa. Ma, dato che non c'è limite al peggio, il gregge dell'UAAR passa rapidamente alla fase due dell'operazione: un volgare tentativo di ridimensionamento della figura di Ipazia, nel tentativo di convincermi che, in fondo, non era poi questo gran personaggio che ci vorrebbero far credere. A tale ridimensionamento fa da corollario il giudizio svalutativo che molti esprimono sull'iniziativa in se stessa, che viene considerata ininfluente e masturbatoria in confronto alle "grandi battaglie" che l'UAAR dovrebbe sostenere.

La mia indignazione raggiunge livelli inimmaginabili, e non solo per l'ignoranza dimostrata dai detrattori di Ipazia, che non si sono neppure preoccupati di documentarsi prima di parlare, ma, più in generale, per la grettezza, l'aridità e l'infimo livello intellettuale dimostrati da persone che appaiono più preoccupate di citare le virgole dello statuto e di non contrariare i membri del CC piuttosto che di rendere ad Ipazia - grande martire del libero pensiero ed antesignana della moderna scienza sperimentale - il riconoscimento e la gratitudine che le spettano.

Credo che qui si renda opportuna una momentanea interruzione della narrazione per citare lo splendido "Dopo Nietzsche" di Giorgio Colli (Adelphi Edizioni). A pagina 65 si legge: "Nel cinismo c'è del veleno, dell'impotenza, della vendetta. (...) Il cinismo ritorna ciclicamente, in occasione di crisi profonde, e con manifestazioni analoghe: un razionalismo dozzinale, plebeo, è il suo strumento, una spudoratezza esibizionistica è la sua forma, lo scherno per il passato e per i miti, la rottura delle tradizioni sono i suoi temi. (...) Il cinismo dà un'illusione di superiorità ai frustrati, e la sfrontatezza 'canina' deve far colpo sul pubblico". A pagina 67 troviamo, invece, le seguenti frasi: "Il contrario del cinismo è la venerazione. (...) Di fronte a ogni grandezza si risveglia in certi individui un senso di riconoscenza, si è pronti a ricevere e si è grati di ricevere. Chi non ha questa natura rifiuta d'istinto ciò che è grande, lo allontana da sé, ne spia i punti deboli. (...) Il discorso sulla venerazione è esoterico, e non a torto Nietzsche afferma che le nature nobili, le quali non sanno vivere senza venerazione, sono rare".

Non esiste miglior commento di queste parole al triste spettacolo offerto dalla maggioranza degli intervenuti sulla lista circoli dopo il mio annuncio. In particolare, credo che la definizione data da Carcano di Ipazia come "credente neoplatonica irrazionale" costituisca il miglior esempio di quel "razionalismo dozzinale e plebeo" di cui parla Giorgio Colli.

E, con queste considerazioni, possiamo degnamente concludere la prima parte del presente resoconto.